Il Ciclo del Contatto è il paradigma dell’interazione tra l’organismo e il suo ambiente, elaborato dai primi teorici della psicoterapia della Gestalt: Fritz Perls, Ralph Franklin Hefferline e Paul Goodman.

Bussola davanti alla finestra. Fotodi jordan madrid su unsplash
Ciclo del contatto. Photo by Jordan Madrid, Unsplash

Il campo

L’essere umano, come del resto ogni forma vivente, è immerso sin dal primo istante dell’esistenza inun campo energetico e relazionale, da cui dipende per vivere.

Gli altri individui, tutti gli altri esseri viventi, gli oggetti e tutti gli elementi che costituiscono il campo gli sono necessari per vivere e crescere sia fisicamente che psicologicamente.

Il confine

L’organismo dell’essere umano, che i gestaltisti chiamano “sé”, è una totalità psico-fisicache è separata dal suo ambiente da un confine sia biologico che psichico.

Attraverso il suo confine l’organismo si delimita, si configura e si distingue.

Il confine di contatto

Per poter soddisfare i suoi bisogni, di cui ha un’ampissima gamma, l’organismo deve prendere dall’ambiente e portare a sé ciò di cui necessita e lo fa attraversando il proprio confine, sia che si tratti per esempio di cibo odi un oggetto o della relazione con l’altro.

Nel punto in cui il confine incontra il campo ha luogo l’esperienza di contatto, che Fritz Perls hadefinito “confine di contatto”.

I pensieri, le emozioni e le azioni sono i processi con cui si sperimentano e si affrontano gli eventi di confine-contatto e determinano la natura della “consapevolezza”. Il “contatto”non è altroche la consapevolezza di quanto stia avvenendo nel campo in rapporto a sé.

Figura-sfondo

Per comprendere appieno il significato che il termine contatto rappresenta nella teoria della Gestalt bisogna altresì riferirsi a un principio elaborato da Kohler, Koffka e Wertheimer, gli psicologi della Gestalt che negli anni 30 del secolo scorso parlarono della dinamica figura-sfondo in relazione ai fenomeni percettivi e cognitivi.

Essi misero in rilievo che, quando sperimentiamo visivamente l’ambiente, scegliamo un centro di interesse che si distingue su uno sfondo sfumato.

Ciò che si distingue viene chiamato figura e il resto è lo sfondo; come quando osservando il dipinto di una natura morta l’attenzione focalizzail vaso blu, che viene percepito in modo nitido, mentre i fiori rossi, le mele e l’uva e tutto ciò di cui si circondano vanno a costituireuno sfondo sfocato.

I bisogni

Il termine “figura” in tedesco si traduce “gestalt”. Nella teoria della Gestalt la dinamica figura-sfondo è utilizzata per descrivere l’emergenza, la predominanza ed il soddisfacimento dei bisogni e i terapeuti della Gestalt sono interessati a tale dinamica in merito a tutte le funzioni dell’organismo.

Il ciclo del contatto

Quando emerge un bisogno questo diviene una figura che spinge il comportamento dell’individuo in direzione del suo soddisfacimento, mentre tutti gli altri bisogni si ritirano in uno sfondo indifferenziato.

Quando il bisogno viene soddisfattoanch’esso torna nello sfondo e dà spazio al bisogno successivo, che diviene il più importante, diviene figura. Questo processo è ciò che i teorici della psicoterapia della Gestalt chiamano “ciclo del contatto”.

Le quattro fasi del ciclo del contatto

Questo processo viene scandito da quattro fasi, dove il sé funziona in modo differente:

  • pre-contatto
  • contatto
  • contatto finale
  • post-contatto

Il pre-contatto

E’ la fase del sentire: l’equilibrio omeostatico, in cui giace l’organismo, viene perturbato dall’emergere di una sensazione che provoca eccitazione e sollecita l’interesse. Tale sensazione può originare da un bisogno interno dell’organismo o da uno stimolo proveniente dall’ambiente esterno.

Per esempio, Paolo è pienamente concentrato nel suo lavoro, ma ad un certo punto inizia ad avvertire alcune contrazioni allo stomaco, accompagnate da sensazioni di secchezza alla bocca. Gradualmente o all’improvviso dallo sfondo indifferenziato del suo equilibrio omeostatico emerge una figura.

Il contatto

È la fase del pensiero ossia del “io voglio”: si avvia la presa di consapevolezza della figura emergente e si stabilisce il contatto. Paolo sente che le contrazioni allo stomaco aumentano fino a riconoscere tali sensazioni nel pensiero “fame”.

Le sensazioni acquisiscono quindi un nome e diventano quella consapevolezza che conduce all’immediata configurazione del “ho bisogno di”, “io voglio” e “so che cosa posso fare per ottenerlo”.

Da qui ne deriva un innalzamento del livello eccitatorio finalizzato a far emergere le risorse necessarie ad andare verso ciò che è utile alla soddisfazione.

Quando Paolo acquisisce consapevolezza della sua fame, il suo corpo si mobilita: si immagina di prendere il panino che ha nello zaino e al contempo il suo ritmo respiratorio aumenta, come aumenta l’energia che circola nel suo corpo.

Il contatto rappresenta, dunque, una fase attiva dove l’organismo si prepara ad affrontare l’ambiente.

Il contatto finale

È la fase dell’azione: viene agita l’azione più appropriata al raggiungimento dello scopo, il sé è completamente impegnato nella figura e lo sfondo scompare.

Paolo raggiunge il cibo, lo afferra e lo mangia. Il suo sistema digerente si attiva. Mentre mangia assapora il gusto del cibo e percepisce un senso di benessere che parte dalla bocca e raggiunge lo stomaco.

In questo momento egli si sta impegnando con il cibo e con la trasformazione di ciò che in origine era un panino al formaggio, quindista trasformando una parte differenziata dell’ambiente in qualcosa che alla fine diverrà parte di sé. Il cibo e Paolo in questo momento sono una cosa sola.

L’azione è unita alla percezione, al pensiero e alle emozioni. Così come l’intero è maggiore della mera somma delle sue parti, il contatto è più della somma di tutte le possibili funzioni che possono esservi coinvolte.

Esso può essere stabilito con qualsiasi elemento del campo funzionale al soddisfacimento di un bisogno: persone,  animali, oggetti, elementi della natura e così via.

Paolo continuando a mangiare diviene consapevole di un senso di pienezza allo stomaco. Ora può dirsi soddisfatto, è sazio.

Il contatto pieno e finale segna la chiusura della gestalt, rappresenta la meta dell’instaurazione del contatto, ma non il suo fine funzionale che è rappresentato dall’assimilazione e dalla crescita.

Il post-contatto

È la fase del ritiro: il momento della soddisfazione e del compimento della gestalt, in cui si attuano i processi di digestione e di assimilazione, di destrutturazione e di assorbimento che favoriranno la crescita.

Ora il sé integra l’esperienza appena vissuta nel bagaglio di quelle pregresse. Paolo ha mangiato, è soddisfatto e allontana del tutto il suo interesse dal cibo, fino a provare nausea se continua a restarvi in contatto.

Egli è entrato nello stadio di ritiro e di soddisfazione di quel bisogno che, fino a non molto tempo prima, era in figura, e può tornare al lavoro che aveva interrotto.

Il ritiro è una fase di riposo, dove la persona si trova in una posizione di equilibrio e dì concentrazione tra la formazione e la distruzione della gestalt. Non c’è una figura chiara e l’organismo è in uno stato di perfetto equilibrio. Questa è la fase dell’appagamento.

Completato il contatto finale la gestalt è chiusa, un ciclo si è compiuto e l’organismo è pronto per “sentire” un nuovo bisogno.

Il ciclo del contatto e la salute

Questo movimento dalla sensazione al contatto al ritiro e poi di nuovo alla sensazione, è caratteristico del funzionamento di ogni organismo ed è applicato a tutti i bisogni fisiologici, relazionali e di autorealizzazione. In uno stato di salute il ciclo è fluido, ininterrotto ed elegante.

L’organismo in ogni momento è attraversato da un numero quasi incalcolabile di bisogni, alcuni emergono in figura, altri restano nello sfondo ma di certo è la qualità del contatto a determinare se la vita “passa” o se viene vissuta e sperimentata appieno.

La gestalt aperta

Il processo di formazione-distruzione-formazione della Gestalt purtroppo non è sempre così fluido. Accade spesso che esso venga disturbato da istanze contrarie che ostacolano o impediscono il contatto, determinando un’interruzione di una delle quattro fasi del ciclo e dando luogo a ciò che Perls ha definito gestalt aperta o “affare irrisolto”.

Quando un bisogno non completa il ciclo del contattorimane presente nel sè, rimane figura che non decade nello sfondo e intralcia l’emergere di una figura nuova. La sua energia, pertanto, resta attiva in tensione verso la chiusura e non si consuma.

Siamo pieni di esperienze non concluse che ci depriviamo del soddisfacimento di nuovi bisogni ed ostacolano un buon contatto con noi stessi, con gli altri e con l’ambiente.

I meccanismi di interruzione del ciclo del contatto

I teorici della Gestalt hanno individuato dei veri e propri processi che interferiscono con il sano funzionamento del sé creativo al confine organismo-ambiente.

Perls, Hefferline e Goodman hanno messo a fuoco la confluenza, l’introiezione, la proiezione, la retroflessione e l’egotismo, i Polster hanno individuato la deflessione. Successivamente è stata aggiunta la desensibilizzazione.

Quest’ultima interviene nella fase di pre-contatto, poichè impedisce a determinate sensazioni provenienti dal corpo o a stimoli provenienti dall’ambiente di giungere alla coscienza.

Confluenza

Un altro meccanismo che entra in gioco in questa fase è la confluenza (assimilabile alla simbiosi) che consiste nel non consentire la percezione del proprio confine, della separazione dal resto e pertanto della propria individualità, dove il sé e il tu vengono percepiti come indifferenziati e nei casi più gravi anche il sé e il suo ambiente.

Se il sé non può percepire le proprie sensazioni del confine di contatto non fa esperienza di sé stesso, non ha accesso alla consapevolezza di sé e non può crescere.

Deflessione

Nella fase di contatto si può verificare la deflessione che consiste nell’evitare deliberatamente di prestare attenzione al bisogno, pur riconoscendolo, disturbando così l’emergere della figura.

Se si verifica un blocco tra la consapevolezza e la mobilitazione dell’energia necessaria all’azione questo può essere a carico dell’introiezione, che consiste nell’ingerire idee altrui su cosa sia giusto o sbagliato e nello scegliere di agire in base a queste piuttosto che ai propri bisogni. L’introiezione, pertanto, impedisce la messa in atto dell’azione appropriata al proprio sentire.

Nella fase del contatto finale si può collocare la proiezione, che consiste nel negare parti di sé e nell’attribuirle ad altri, perdendo così ogni possibilità di essere in contatto con il bisogno.

Qui può intervenire anche la retroflessione, secondo cui, anziché direzionare il comportamento verso un obiettivo esterno appropriato, la persona orienta lo stesso comportamento verso se stessa, facendo a se stessa ciò che avrebbe voluto fare fuori.

L’individuo che interrompe il ciclo fra contatto e ritiro non assapora la pienezza e la completezza dell’esperienza, passando prematuramente da un’esperienza all’altra senza aver goduto dell’appagamento di quella appena conclusa.

Egotismo

Un meccanismo che interrompe il ciclo in questa fase è l’egotismo che consiste nel “essere spettatore” della propria esistenza senza calarvisi appieno.

Le persone che interrompono cronicamente il contatto in questo punto possono sembrare in possesso del controllo di sé stesse,ma in realtà si privano del benessere che deriva dal completamento del ciclo di formazione e distruzione della gestalt.

Tutti questi meccanismi interferiscono con il ritmo elegante e naturale del soddisfacimento del bisogno e questo ha per l’organismo un costo altissimo, perché limita l’esperienza dell’esistere. Meno contatto vuol dire vivere di meno.

Le interruzioni del contatto possono essere transitorie, acute fino a cronicizzarsi in modalità patologiche.

L’equilibrio e l’autoregolamentazione organismica

La psicoterapia della Gestalt è un modello che focalizza nell’equilibrio dell’unità organismica il pernodella crescita e dello sviluppo, quell’equilibrio che origina dalla soddisfazione dei bisogni e dall’eliminazione della tensione che questi provocano.

La persona sana sa riconoscere e differenziare i propri bisogni e si impegna a rispondere ad essi secondo comportamenti appropriati ed efficaci. In tal modo ristabilisce l’equilibrio, libera nuova energia e permette a nuovi bisogni di emergere.

L’insieme di questi processi in Gestalt viene racchiuso nel concetto di “autoregolamentazione organismica”.

Conclusioni

L’esperienza incompleta o affare irrisolto interferisce con il buon contatto nel qui ed ora con sè, con gli altri e con l’ambiente.

I bisogni insoddisfatti divengono gestalt aperte che reclamano attenzione e impediscono la formazione di nuove gestalt, sottraendo energia psichica al funzionamento efficace nella realtà presente.

Invece della crescita e dello sviluppo la persona si ritrova nella stasi, nella regressione, in un vero e proprio stato di mal-essere

Il contatto è adattamento creativo tra organismo e ambiente, per cui il processo ininterrotto di formazione e distruzione delle gestalt costituisce, secondo i teorici di questo modello, la condizione fondante della salute e della crescita.

Salvaguardare l’autoregolazione organismica equivale a vivere in modo sano, equilibrato e realizzato.

Fonti

F. Perls, R.F. Hefferline e P. Goodman: “Teoria e pratica della terapia della Gestalt”(1969b). Astrolabio, 1997

Joseph Zinker: “Processi creativi in psicoterapia della Gestalt”.  Franco Angeli, 2008

Erving e Miriam Polster: “Terapia della Gestalt integrata”. Giuffrè, 198