Perché sogniamo? Noi esseri umani dormiamo per più di un quarto della nostra esistenza e questo sta a significare che il sonno svolge una funzione indispensabile alla sopravvivenza.

Statua di donna distesa che dorme

Sonno e cervello

Si tratta di un vero e proprio sistema complesso, che assolve a funzioni di ripristino e recupero, ed è organizzato in fasi, ciascuna delle quali con caratteristiche proprie.

Tutti gli animali dormono, non solo l’essere umano, seppure con ritmi e durata differenti. Anche i pesci, i rettili, gli anfibi e gli insetti presentano dei momenti di inattività e di non responsività affini al sonno.

Tutti gli esseri viventi si sono adattati al ritmo incessante di luce e buio, che scandisce le ventiquattro ore del giorno, e hanno sviluppato i “ritmi circadiani”, ossia dei veri e propri orologi biologici interni, che regolano i processi biochimici, metabolici e comportamentali necessari alla sopravvivenza.

In questo modo, molte specie animali hanno sviluppato un regolare ciclo circadiano di sonno-veglia.

Il cervello umano e il sonno

Secondo il ciclo circadiano, la temperatura corporea aumenta durante la veglia e diminuisce durante il sonno, per poi rialzarsi qualche ora prima del risveglio, perché il cervello funziona meglio quando è caldo.

Il cervello è l’organo che mostra i cambiamenti più evidenti durante il sonno rispetto alla veglia, in particolare la corteccia cerebrale, la cui attività elettrica subisce delle consistenti e caratteristiche variazioni, evidenziate mediante misurazioni EEG.

Questo mette in evidenza che, il sonno ha una funzione biologica vitale quasi esclusivamente per il cervello.

Onde elettriche cerebrali e cicli del sonno

L’attività elettrica cerebrale, durante il sonno notturno, muta a seconda dell’ampiezza e della frequenza delle onde elettriche.

L’ampiezza aumenta con la riduzione della coscienza, mentre si abbassa gradualmente la frequenza. Questa attività è caratterizzata da 4 stadi ben distinti.

La veglia attiva è rappresentata dalle onde beta, a bassa ampiezza e alta frequenza, da 15 Hz al secondo in su.

Quando si è molto rilassati e vicini all’addormentamento, prendono il sopravvento le onde alfa, progressivamente più ampie e lente, da 12 a 8 Hz.

Gli stadi del sonno

Stadio 1

Le onde teta, più lente delle precedenti, da 7.5 a 3.5 Hz, determinano l’improvviso passaggio allo stadio 1 del sonno, che costituisce il 5% del sonno notturno.

In questo stadio, le palpebre si aprono e si chiudono, i globi oculari ruotano in alto e in basso, poichè rappresenta una fase di transizione tra la veglia-sonnolenza e il sonno vero e proprio.

Stadio 2

Lo stadio 2, che costituisce il 45% del sonno notturno, è caratterizzato da:

  • un incremento dell’ampiezza e da un abbassamento della frequenza delle onde teta;
  • fusi di sonno ossia picchi di onde di 12-16 Hz, della durata di 0,5-1,5 sec., con la funzione di inibire l’accesso di informazioni non utili e che interromperebbero il sonno;
  • complessi K, onde bifasiche che vanno verso l’alto e poi verso il basso, alla velocità di una variazione al minuto, funzionali a inibire l’eccitazione corticale e a favorire il consolidamento della memoria;
  • poche onde delta.

Stadio 3

Lo stadio 3 è costituito dal 20% al 50% di onde delta, che sono le onde più lente e più ampie, da 3.5 Hz in giù.

Lo stadio 4

È prevalentemente costituito da onde delta.

Dallo stadio 4 si torna gradualmente allo stadio 3, poi al 2 e poi allo stadio 1.

Quest’ultimo è differente dallo stadio 1 che ha dato avvio al sonno, in quanto qui è prevalente il sonno REM (Rapid Eye Movement), con perdita del tono muscolare a livello di tutto il corpo.

Così si conclude il primo ciclo.

Le caratteristiche dei vari stadi

Durante il sonno notturno, il ciclo si ripete con una media di cinque volte, della durata ciascuno di circa 90 minuti.   

Con il progredire della notte, si passa sempre più tempo nello stadio 1, rispetto agli altri stadi.

Inoltre, durante la notte si verificano dei brevi momenti di veglia che, in genere, non vengono ricordati al risveglio.

Gli stadi 3 e 4, vengono definiti sonno ad onde lente o SWS (slow wave sleep), poiché caratterizzati dalle onde lente delta.

Il sonno a onde lente o sonno non-REM

Rappresenta la parte più profonda e più importante del sonno.

Durante lo SWS, in particolare durante stadio 4, tutte le connessioni tra la corteccia e gli organi di senso si interrompono e il cervello è quasi completamente isolato.

Il sonno è talmente profondo che, risvegliare chi sta dormendo in questo stadio, risulta molto più difficile che durante tutti gli altri.

Per il cervello è un momento di riposo, durante il quale si attivano i processi di reintegrazione delle strutture cerebrali logorate dall’attività della veglia. Infatti, le funzioni della corteccia cerebrale risultano più profondamente deteriorate dalla privazione di sonno rispetto a quelle di altre parti del cervello. 

Lo stadio 4 è tanto importante che, quando il giorno precedente non si è dormito a sufficienza, è quello che viene maggiormente recuperato; e se in stato di veglia il cervello lavora più del solito, con un incremento del suo metabolismo, nel sonno successivo aumenta lo stadio 4.

Sonno non-REM e sistema immunitario

Durante il sonno non-REM, nelle aree frontali e centrali del cervello, il metabolismo (CMR) e il flusso sanguigno (CBF) si riducono del 25%.

Lo stato di inattività del corpo abbassa la temperatura e questo espone maggiormente alle infezioni, pertanto durante lo stadio 4, le cellule gliari producono l’interleuchina-1, una citochina che stimola l’attività di linfociti e anticorpi e, allo stesso tempo, alza la temperatura corporea, in modo che il corpo non scenda a livelli nocivi di sottoriscaldamento.

E’ stato riscontrato che l’insonnia, causata da lesioni dell’ipotalamo, determini alterazioni della risposta immunitaria.

Pertanto vi è una stretta relazione tra il sonno SWS e il sistema immunitario.

Un’elevata stimolazione del cervello, durante la veglia, dovuta ad un interesse attivo verso il mondo esterno, determina maggiore quantità di SWS e, di conseguenza, una maggiore attivazione del sistema immunitario. 

Quando, invece, vi è uno scarso interesse prolungato verso l’ambiente, come nella depressione, si verifica una riduzione del SWS, soppiantato dall’attivazione anticipata di sonno REM, e una maggiore predisposizione alle infezioni.

Il sonno REM

Un quarto del sonno notturno è impegnato dal sonno REM, che consiste in un’elevata attività corticale, analoga a quella della veglia, che viene indicata da un innalzamento del 40% del CBF, rispetto alla veglia, in particolare nelle aree frontali, e si caratterizza per i movimenti rapidi degli occhi, da cui l’acronimo REM.

Al contempo, vi è un innalzamento della soglia sensoriale, che è indice di sonno profondo, e un azzeramento del tono muscolare a livello di tutto il corpo, come nel sonno WSW.

Quindi, si dorme ma il cervello sembra essere sveglio, per questo il sonno REM viene definito anche “sonno paradosso”.

Durante questa fase, vi è un innalzamento della pressione sanguigna corporea, del ritmo respiratorio e irregolarità del ritmo cardiaco, mentre tutti i muscoli striati sono paralizzati, tranne quelli degli arti, che si contraggono fino a produrre movimenti lievi.

La paralisi termina alla fine della fase REM. Talvolta, in occasione di un brusco risveglio, dovuto soprattutto ad un incubo, la paralisi persiste per un breve periodo.

I periodi della vita in cui il sonno REM è predominante sono durante la gestazione, con un picco verso il sesto mese, dove il feto può avere anche 15 ore di fase REM al giorno, e i primi mesi di vita.

Il sogno

Il sogno è un’intensa attività mentale, caratterizzata da componenti visuo-allucinatorie con contenuti bizzarri, che è precipua della fase REM, sebbene si riscontri, in minima parte, anche nel sonno non-REM, come non tutto il sonno REM è accompagnato da attività onirica.

Nel sonno non-REM, il sogno ha minori contenuti visuo-percettivi e maggiori contenuti di pensiero, maggiore staticità, cambiamenti di scenario meno frequenti, maggiori riferimenti all’attività quotidiana e collegamenti a riflessioni o preoccupazioni precedenti l’addormentamento, tutto con minore coinvolgimento emotivo.

Il sogno vero è più bizzarro, vivido e provoca un alto coinvolgimento emotivo.

Altre attività mentali interessanti sono le “immagini ipnagogiche”, ossia immagini visuo-percettive meno bizzarre rispetto a quelle del sogno, che compaiono durante il dormi-veglia nella fase di addormentamento, e le “immagini ipnopompiche”, che precedono il risveglio.

Durante queste attività, è possibile esercitare un certo controllo cosciente.

L’attività mentale del sonno rivela quanto il pensiero sia un fiume inarrestabile e che tutto ciò che pensiamo durante il giorno, lo rimescoliamo durante la notte.

Il rimescolamento avviende mediante altre forme di pensiero necessarie a:

  • elaborare le informazioni
  • creare connessioni tra il nuovo e il vecchio
  • trovare nuove soluzioni
  • e sedimentare gli apprendimenti.

Sonno REM e memoria

I ricordi sono immagazzinati sotto forma di proteine e, durante il sonno REM, nel cervello, aumenta la sintesi proteica necessaria a tale scopo. Quindi, questo tipo di sonno assume una funzione indispensabile nel consolidamento in memoria dei ricordi.

Ne è dimostrazione l’aver riscontrato che, privazioni di sonno determinano un peggioramento nelle prestazioni mnemoniche.

Perché al risveglio i sogni si dimenticano?

La memoria dei sogni ha breve durata, difatti al risveglio è più facile dimenticarli. In genere, il ricordo di un sogno è vivido quando ci si sveglia o si viene svegliati durante il sogno.

Le persone che ricordano facilmente i sogni al risveglio, senza esserne consapevoli, si svegliano diverse volte durante la loro attività onirica.

Dimenticare i sogni al risveglio è segno di un sonno profondo, continuo, indisturbato, rilassato e rigenerante.

Sonno nucleare e sonno opzionale

Il sonno nucleare è quello che è indispensabile a un buon mantenimento dell’organismo. E’ costituito essenzialmente dallo SWS, in particolare dallo stadio 4, e dal 50% del sonno REM.

Del sonno occupa all’incirca i primi tre cicli, che corrispondono alle prime 4 o 5 ore, dopodiché si avvia la fase opzionale opzionale fino al risveglio.

Il sonno opzionale

Quest’ultimo è stato definito “opzionale”, in quanto si è osservato in via sperimentale che, dopo poche settimane di adattamento, l’eliminazione di una consistente porzione di questo tipo di sonno non produceva sonnolenza diurna o altri effetti indesiderati.

È stato anche osservato che, se una notte si dorme meno ore del consueto, la notte successiva il sonno nucleare si allunga, per cui viene così parzialmente recuperato.

Dunque, possiamo cavarcela abbastanza bene con circa 4 ore di sonno per alcune notti, possiamo anche adattarci, senza gravi conseguenze, ad una notte insonne.

Di contro, un sonno frequentemente disturbato produce una considerevole sonnolenza il giorno seguente, indipendentemente dalla sua durata complessiva.

Un altro indice del sonno opzionale è che in questa fase i risvegli parziali o anche completi sono più frequenti.

Il sonno opzionale non è tempo sprecato, bensì una possibilità di riposo dai fattori di stress della vita quotidiana, non fruibile in altri momenti delle ore di veglia.

Pertanto, più energie si impiegano da svegli e meglio è dormire bene e a lungo.

Tuttavia, avere l’abitudine di dormire per più di 8 ore a notte è segnale di malessere.

Perché l’ipersonnia è una forma di rifiuto dello stare in contatto con il mondo esterno, in quanto troppo stressante o fonte di disagio.

La siesta pomeridiana

Molte persone hanno l’abitudine di dormire il pomeriggio e tendono a dormire meno durante la notte, poiché la siesta compensa il fabbisogno quotidiano.

L’abitudine di dormire il pomeriggio è molto comune, soprattutto nei paesi caldi, e questo indica che l’orologio interno di sonno-veglia sia naturalmente predisposto per due sonni al giorno, uno lungo notturno e uno breve nel pomeriggio.

Questo sonno è costituito principalmente da attività REM, quindi è parte del sonno opzionale.

In nord Europa vi è una tendenza culturale contraria a questa abitudine, anche se viene comunemente sperimentata la sonnolenza postprandiale.

Recupero fisico e sonno

Il sonno, come abbiamo visto finora, svolge una fondamentale funzione di reintegro cerebrale in toto, ma non si può dire lo stesso per il corpo, che invece ha bisogno, per tale scopo, di cibo e riposo.

Mentre si dorme si è a digiuno, quindi il recupero fisico dell’organismo avviene prevalentemente durante la veglia, dopo un pasto, e gli aminoacidi assimilati favoriscono la reintegrazione dei tessuti.

La sintesi proteica, base del metabolismo, ha bisogno di energia per funzionare. Quando dormiamo, il metabolismo diminuisce di circa il 25% rispetto alla veglia rilassata.

Modificazioni ormonali durante il sonno

Le prime tre ore di sonno sono accompagnate da un’elevata secrezione dell’ormone della crescita (GH), che decade durante la privazione di sonno.

Il GH stimola l’utilizzo dei grassi per la produzione di energia, così da risparmiare le proteine, la cui sintesi durante il sonno è molto bassa. In mancanza di apporto energetico dei grassi durante il sonno, le proteine verrebbero demolite, con un danno notevole per l’organismo.

Durante le prime tre ore di sonno si verifica anche un considerevole incremento della secrezione della prolattina, che rallenta l’eliminazione di acqua per via renale.

Tutta questa architettura biologica è fondamentale a far sì che mentre si dorme possa essere preservata la funzione di reintegro cerebrale.

La privazione del sonno

Da quanto descritto finora, risulta evidente che sia il cervello l’organo più colpito dalla privazione del sonno.

Quando una notte non si dorme a sufficienza, la notte successiva si recupera un terzo del sonno perduto, di cui viene compensato lo stadio 4, fondamentale al ripristino cerebrale, e metà del sonno REM, quindi viene recuperato il sonno nucleare.

Se per qualche notte consecutiva si dorme solo 4 o 5 ore, durante la veglia non si riscontra una diminuzione delle prestazioni psicologiche.

Una prolungata carenza di sonno nucleare determina affaticamento nell’analisi critica degli stimoli in arrivo e nell’elaborazione delle risposte adeguate, oltre a provocare l’insorgenza di allucinazioni.

La mancanza di sonno determina logorio cerebrale, che provoca sonnolenza, come tentativo fallace di recupero.

Il cervello non può mai riposare veramente in stato di veglia, neanche durante uno stato di profondo rilassamento, perché resta vigile, pronto a rispondere agli stimoli.

Solo il totale isolamento determinato dal sonno consente al cervello di riposare.

La corteccia cerebrale

È importante chiarire che, la parte del cervello soggetta al ripristino del sonno è la corteccia cerebrale, deputata al processamento delle funzioni superiori del pensiero.

Le strutture sottocorticali che controllano funzioni vitali necessarie alla sopravvivenza, come il respiro e il battito cardiaco, non possono mai interrompersi, neanche durante il sonno.

Alcune conseguenze

Fatta eccezione per il cervello, in particolare per la corteccia cerebrale, la privazione di sonno è sorprendentemente priva di conseguenze per il resto del corpo, sebbene si possano osservare alcune modificazioni significative:

  • abbassamento della temperatura corporea associata ad una maggiore sensazione di freddo
  • aumento di sbadigli e sospiri, che possono provocare irregolarità del ritmo cardiaco
  • aumento del cortisolo che deprime il sistema immunitario
  • aumentata sensibilità al dolore
  • tendenza alle allucinazioni

Quante ore bisogna dormire?

Le persone che dormono 7 o 8 ore per notte possono facilmente adattarsi a dormire circa 5 ore e mezza o 6, poiché si garantiscono il sonno nucleare, anche se a spese del sonno opzionale.

E’ idea comune che sia sano dormire 8 ore, ma in realtà questa risulta essere un’idea errata.

Fonti

  • James Horne “Perchè dormiamo”. Astrolabio Editore, 1993
  • John P.J. Pinel “Biopsicologia”. EdiSES, 1992