La vergogna è un’emozione complessa che si attiva nelle situazioni di confronto con l’altro e di competizione, dove ci si sente giudicati negativamente e da cui si esce sconfitti in quanto ci si percepisce peggiori, meno capaci, più brutti e di minor valore rispetto agli altri.

Espressione della vergogna: donna che copre il volto con le mani.

L’espressione corporea della vergogna

È un’emozione che per sua stessa natura tende a nascondere e a nascondersi, infatti quando la si vive si è, al contempo, assaliti dalla paura che gli altri possano accorgersene ed è difficile anche ammetterlo a se stessi perché ci si vergogna anche di riconoscere che ci si sta vergognando.

Questo diviene evidente nella postura: si abbassa lo sguardo o si evita di guardare l’interlocutore distogliendo lo sguardo, si stringono le spalle e si abbassa il collo, il corpo si irrigidisce, a volte ci si copre il volto con le mani.

Evitamento e fuga

La vergogna è un’emozione che inibisce l’espressività. Quando la si prova si farebbe di tutto pur di non sentirsi così e per evitare che questo stato divenga evidente si escogitano strategie di evitamento e manovre di fuga dalla situazione che lo attiva.

L’autosvalutazione

La vergogna è riconosciuta come emozione secondaria in quanto non è stata riscontrata una sua peculiare espressione facciale, che è invece ciò che designa un’emozione come primaria, e anche perché sollecita l’autoriflessione, da cui deriva un’immagine di sè svalutata.

Si prova vergogna quando rispetto agli altri ci si percepisce inferiori, brutti, inadeguati, diversi, indegni, sbagliati.

Emerge tra il secondo e terzo anno di vita, quando il bambino scopre che le sue manifestazioni possono essere sottoposte a giudizio negativo.

Il rossore e la resa

Una caratteristica somatica specifica è il rossore in viso, sul collo e sulle orecchie, ed è dovuto all’afflusso di sangue sulla superfice cutanea di queste parti esposte del corpo che entrano in gioco nel confronto con l’altro.

Questo è un segnale di resa, poiché quando siamo ingaggiati in un confronto o in una competizione l’energia del corpo viene sottratta alla superficie del corpo e agli organi interni come l’intestino e confluita, mediante il circolo ematico, agli arti e al petto, ma quando smettiamo di competere perché ci siamo arresi il sangue torna a irrorare l’epidermide.

È come se con il rossore, pur non volendo, si segnalasse all’altro la propria resa.

La vergogna inibisce il piacere della sfida e sancisce la sconfitta e la rinuncia.

Il sistema del rango sociale

La paura, che è un’emozione primaria, è coinvolta nella vergogna, infatti le ricerche di neurofisiologia hanno messo in evidenza che quando si prova vergogna si attiva l’amigdala, nucleo cerebrale deputato all’elaborazione della paura.

Allo stesso tempo, si attivano le connessioni dell’amigdala con i circuiti neuronali del sistema motivazionale del rango sociale.

In un gruppo di conspecifici questo sistema definisce le gerarchie sociali secondo ranghi di dominanza e di sottomissione.

Chi occupa la posizione di dominanza stabilisce come e quanto gli altri membri dalla comunità possano disporre delle risorse del territorio condiviso.

Il giudizio, la colpevolizzazione e il mettere in ridicolo rientrano tra i comportamenti con cui chi comanda esercita la sua dominanza, mentre la vergogna è una manifestazione di subordinazione e di sottomissione.

Secondo una reazione a catena, dalla vergogna emergono l’impotenza e l’umiliazione che poi sfociano nella tristezza da sconfitta. Quest’ultima emozione confluisce nell’invidia.

Chi invece afferma la dominanza sviluppa un senso di orgoglioso trionfo e di potenza da cui scaturiscono il disprezzo, il senso di superiorità e la superbia verso lo sconfitto.

Quando il vincitore è entrato in questa modalità emotiva non ha più bisogno di continuare la sfida e di attaccare. La lotta si è conclusa.

La sopravvivenza dei gruppi sociali

I gruppi sociali sono riusciti a sopravvivere e a stabilizzarsi proprio in virtù delle gerarchie del rango sociale, poiché il disprezzo del dominante per il sottomesso è un’emozione primaria che inibisce l’impulso primordiale ad ucciderlo perché non rappresenti più una minaccia.

In questo modo, gli salva la vita ma stabilisce come e quanto potrà usufruire delle risorse disponibili per la comunità, assoggettandolo quindi al suo potere.

Questi meccanismi filogenetici di sopravvivenza sono registrati nella memoria dell’inconscio collettivo, infatti quando ci si vergogna “si vorrebbe scomparire” e “ci si sente morire”. Si può pertanto ipotizzare che lo stato emotivo della vergogna riattivi inconsciamente questa memoria di specie che affiora alla coscienza solo sotto forma di metafore.

Il riscatto

Per lo sconfitto però non è detta l’ultima, in quanto la sua invidia può convertirsi in collera da sfida che diventa un motore per reingaggiare la lotta e la competizione, cosa che non può fare la vergogna che invece inibisce questo desiderio.

La rabbia e il senso di ribellione possono dunque far cambiare le sorti di questo circuito apparentemente chiuso.

Vergogna e autostima

La vergogna si può definire un’emozione complessa perché è al tempo stesso una risposta relazionale e un complesso processo intrapsichico di natura cognitiva, dove entra in gioco l’autostima, che è la valutazione complessiva di sé, in rapporto all’essere osservati e valutati dagli altri.

È un’emozione sociale e autoconsapevole che non va confusa, come spesso accade, con la timidezza e con l’imbarazzo.

La timidezza

La timidezza non è un’emozione ma una predisposizione caratteriale all’introversione. Spesso i bambini introversi, che tendono più a chiudersi in se stessi che ad aprirsi alla relazione, vengono mal giudicati sia dai coetanei che dagli adulti perché considerati sbagliati. Questi bambini solo quando scoprono che la loro timidezza non è accettata iniziano a vergognarsi della propria diversità, fino a sviluppare insicurezza.

L’imbarazzo

L’imbarazzo, come la vergogna, è un’emozione sociale che si può vivere in alcuni momenti in cui si fa qualcosa o viene richiesto che venga fatto qualcosa con cui non si ha confidenza, che non si sa gestire e che non si conosce bene.

Un bambino può sentirsi imbarazzato nel recitare la poesia di Natale di fronte ad invitati al pranzo che non conosce, perché la loro estraneità non lo fa sentire a suo agio e al sicuro. Ci si può sentire in imbarazzo nel parlare in pubblico se non si è abituati a farlo o nell’indossare un abito che non rientra nel proprio vestiario abituale.

Si tratta di uno stato transitorio che si può anche superare durante la stessa situazione in principio imbarazzante perché nel viverla si acquisisce più sicurezza e padronanza.

La vergogna è, invece, un’emozione molto più complessa che riguarda il sentirsi inadeguati e non integrati nei contesti sociali e dove non si riesce ad esercitare il proprio potere personale.

Fonti

Giovanni Liotti “La dimensione interpersonale della coscienza”, ed Carocci Editore, 2005

Diego Ingrassia “Il cuore nella mente. L’analisi emotivo comportamentale: consapevolezza emotiva e relazioni umane”, Roi Edizioni, 2018

Psicologa psicoterapeuta a Bari, dott.ssa Mara Spizzico