Il bambino sin da quando nasce ricerca nutrimento, cura e protezione nell’adulto che lo ha generato, con cui stabilirà un esclusivo, indissolubile e profondo legame affettivo.

Questo ruolo è assegnato in via naturale alla madre, ma in circostanze avverse può anche essere assunto da una o più figure adulte sostitutive.

Genitori sorridono alla figlia sollevandola e trasmettendole sicurezza, secondo la teoria degli stili di attaccamento
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Sistema motivazionale dell’attaccamento

Fu John Bowlby, psicanalista britannico, il pioniere del fiorente filone di ricerca sui processi dell’attaccamento affettivo e fu lui per primo a riconoscere il sistema motivazionale dell’attaccamento, con cui si intende un insieme di segnali e comportamenti innati volti all’ottenimento della vicinanza con un adulto da cui ricevere protezione e conforto quando il bambino è assalito da ansia, stress ed emozioni disturbanti come paura o angoscia.

I comportamenti innati finalizzati a tale scopo sono: sorridere, piangere, seguire, aggrapparsi e succhiare.

La base sicura e il sistema motivazionale esplorativo

Quando la madre risponde in modo adeguato e sollecito a questi segnali diviene per suo figlio una “base sicura” a cui approdare per calmarsi, rassicurarsi e rifornirsi affettivamente.

Il raggiungimento di tale scopo disattiva il sistema dell’attaccamento e attiva quello esplorativo, un altro sistema comportamentale innato finalizzato a conoscere, esplorare e sperimentare l’ambiente di vita, attraverso cui il bambino sviluppa le sue abilità mediate da processi di apprendimento.

Quando questo sistema è attivo il sistema di attaccamento si spegne.

L’alternanza dei due sistemi si fa evidente quando il bambino impara a camminare poiché l’autonomia motoria conquistata gli permette di muoversi con libera curiosità nello spazio, ma restando sempre in prossimità della madre, da cui poter tornare per rifornirsi affettivamente quando si sente in difficoltà, spaventato o stanco.

Il ruolo del caregiver nello sviluppo del bambino

I caregiver, o figure di attaccamento, offrendo al bambino nutrimento, tenendolo in braccio, parlandogli, giocando con lui e lasciandolo libero di esplorare pur rimanendo sempre vigili e responsivi, assumono un ruolo attivo e fondamentale nello sviluppo cognitivo, relazionale e affettivo del figlio.

In questo modo egli svilupperà un attaccamento sicuro ed una buona rappresentazione mentale di se stesso come degno di ricevere amore.

Quando nascono i problemi

I problemi nascono quando le figure di attaccamento si rivelano inadeguate o negligenti nell’offrire risposte efficaci ai bisogni di vicinanza e di protezione del bambino, che si sentirà non capito finanche rifiutato, di scarso valore e quindi non meritevole di essere amato. Ciò potrà procurare al bambino ferite dell’attaccamento.

I modelli operativi interni

Secondo Bowlby la rappresentazione di sé è costituita da “modelli operativi interni”, delle mappe mentali relative alle aspettative su di sé, sulle figure di attaccamento, sugli altri in generale e sul mondo.

Si tratta di schemi fondati su informazioni consce e inconsce relative al modo con cui si stabiliscono i sentimenti, le reazioni emotive e i comportamenti affettivi e che influenzano i processi attentivi, la memoria e i processi cognitivi coinvolti nell’attaccamento.

I modelli operativi interni sono, dunque, pattern che determineranno il modo con cui verranno stabilite tutte le relazioni future in base a quanto le figure di attaccamento hanno fatto sentire il bambino accettabile e amabile.

I 4 stili di attaccamento secondo Bowlby

Questi schemi rimangono stabili nel tempo e portano a ricercare e a ricreare esperienze congruenti con quella che è stata la propria storia relazionale, e tra i nove e i dodici mesi di vita determinano la strutturazione di uno “stile di attaccamento”.

Uno stile o pattern di attaccamento è un insieme di strategie di pensiero e di comportamento che il bambino attiva per garantirsi la vicinanza e la protezione delle figure d’attaccamento.

Bowlby, basandosi sulle ricerche della sua collaboratrice Mary Ainsworth, individua quattro stili di attaccamento:

  1. Sicuro
  2. Insicuro-evitante
  3. Insicuro-ambivalente
  4. disorganizzato

Stile di attaccamento sicuro

Quando il caregiver risponde con prontezza ed efficacia ai segnali di disagio del figlio, questo ricerca attivamente la sua vicinanza, da cui si sente rassicurato e calmato tanto da poter poi far ritorno all’esplorazione. In questo modo il bambino sente che i suoi bisogni hanno valore, che merita di ricevere cura e amore e impara a dare significato al proprio sentire, a differenziare le proprie emozioni e ad esprimerle adeguatamente.

Svilupperà un modello operativo interno della figura d’attaccamento come disponibile e coerente nel rispondere alle proprie richieste di aiuto e sostegno, una vera base sicura.

Questo bambino diverrà un adulto sicuro, comunicativo e accogliente, che avrà fiducia in se stesso e sarà in grado di esprimere i propri sentimenti, di regolare le proprie emozioni, di gestire lo stress e di assumere comportamenti adeguati. Avrà fiducia nel prossimo e si aprirà alle relazioni in modo sano.

Stile di attaccamento insicuro-evitante

Quando il genitore non riesce a rispondere con sensibilità e solerzia ai bisogni emotivi del bambino o minimizza le sue richieste e si rapporta a lui in modo freddo, rigido e distaccato il bambino impara a reprimere la paura e l’angoscia ossia quelle emozioni che attivano il sistema d’attaccamento e che spingono a ricercare la vicinanza del caregiver.

Impara che tali emozioni allontanano la figura di attaccamento anziché avvicinarla, rendendola meno disponibile alla relazione e impara che è meglio non piangere e non protestare. In questo modo disattiva il sistema dell’attaccamento e iperattiva il sistema di esplorazione. Diviene autonomo, autosufficiente e cerca di arrecare quanto meno disturbo possibile, in modo da garantirsi la relazione con il caregiver.

Il modello operativo interno della figura di attaccamento è di mancata disponibilità alle proprie richieste di aiuto e di conforto; mentre quello che riguarda la rappresentazione di sé è di una persona poco degna di attenzione, di scarso valore e che deve in qualche modo tenersi a distanza dall’altro in quanto non si considera capace di suscitare risposte di affetto e di cura.

Da adulto avrà aspettative di rifiuto, non si sentirà degno di ricevere attenzione, protezione, conforto e amore e tenderà ad esercitare un eccessivo controllo sulle proprie emozioni.

Sarà freddo e diffidente, molto indipendente, non si aspetterà nulla da nessuno e si fiderà solo di se stesso.

Stile di attaccamento insicuro-ambivalente

Quando il caregiver è troppo centrato sui propri bisogni e sul proprio disagio risponde sì alle richieste del bambino ma in modo saltuario e incoerente e può manifestare comportamenti imprevedibili che vanno dalla distanza all’apprensione fino all’intrusività.

In questo modo non riesce a fornire conforto e protezione adeguati e questo induce il bambino a mantenere sempre attivo il sistema d’attaccamento, per cui non si calma e resta soverchiato da emozioni disturbanti come rabbia, angoscia e paura che esprime con urla, pianto disperato e iperattività.

Questo accade perché ha imparato che l’esagerazione di tali stati emotivi può sollecitare l’attenzione e la disponibilità della figura di attaccamento, anche se gli risponde in modo infastidito ed esasperato.

È un bambino ansioso e disagiato, che prova molta rabbia perché non può contare con certezza sulla protezione del genitore.

Quando riesce a conquistare la sua attenzione non si fida che verrà mantenuta, per cui ha difficoltà a farsi consolare e può anche rifiutare il contatto fisico. Infatti, questa strategia di attaccamento viene anche definita “resistente”.

Il suo sistema esplorativo resta per buona parte disattivato, infatti si tratta di un bambino che gioca poco, che ha difficoltà di concentrazione e che si distrae facilmente, quindi, ha difficoltà a sviluppare fiducia in se stesso e autonomia.

Il modello operativo interno della figura d’attaccamento è di inaffidabilità, mentre quello di sé è di incapacità a suscitare nell’altro risposte positive, di affetto e di cura e quindi di non poter mai essere rifornito affettivamente a sufficienza.

Sarà un adulto vulnerabile, dipendente, egocentrico, soverchiato dalle proprie emozioni e dai propri bisogni con cui tenderà ad attrarre l’attenzione degli altri, imponendo i propri stati emotivi.

Dagli altri si aspetterà inaffidabilità e mancanza di disponibilità, per cui sarà ipercontrollante, sospettoso ed eccessivamente richiedente.

Stile di attaccamento disorganizzato

Quando la madre o colei che ne fa le veci è molto trascurante, violenta, fisicamente e/o sessualmente abusante, perde facilmente il controllo o è depressa o soverchiata da un lutto irrisolto o abusa di alcol e/o di stupefacenti o è vittima di violenza domestica si rivela assolutamente incapace di far fronte alle richieste d’attaccamento del figlio.

Si tratta di una caregiver arrabbiata, spaventante e inadeguata, bisognosa ella stessa di ricevere conforto, per cui non è in grado di offrirlo.

Il bambino vive così un paradosso, oscilla continuamente tra il desiderio di vicinanza e la paura, quindi quando attiva il sistema d’attaccamento assume comportamenti contradditori che vanno da accenni di avvicinamento all’allontanamento dalla madre, poiché questa rappresenta allo stesso tempo una fonte di sicurezza e una fonte di pericolo.

La strategia più facile da attivare per il bambino in risposta a tale contraddizione è l’immobilizzazione e il congelamento o freezing.

Con la crescita può sviluppare strategie di attaccamento più strutturate come quella controllante-accudente che consiste nel prendersi cura della madre poiché percepita come vulnerabile; o quella controllante-punitiva con cui sviluppa un potere coercitivo su di essa. Entrambe implicano un’inversione di ruoli con adultizzazione del bambino.

Altre strategie possono essere la sottomissione, per limitare gli eccessi di ira del genitore, oppure l’attivazione del sistema motivazionale sessuale mediante cui controlla il genitore sessualizzando la relazione.

Si tratta dunque di bambini vittime di trauma dello sviluppo, che si ripercuoterà nella loro crescita predisponendo a patologie fisiche e a psicopatologie, con una grandissima difficoltà a instaurare relazioni affettive adulte sane.

Questo pattern viene definito disorganizzato perchè il figlio di genitori traumatizzanti non riesce ad organizzare e a strutturare strategie funzionali all’attaccamento quindi all’ottenimento di quella vicinanza che garantisce protezione.

Stili di attaccamento e psicoterapia

Le strategie di attaccamento disfunzionali tendono a mantenersi stabili nel corso della vita, ma possono essere modificate da esperienze interpersonali sane e da un buon lavoro psicoterapico mirato a tale scopo. Particolarmente efficace per la cura della ferita dell’attaccamento si rivela la psicoterapia dinamica breve ISTDP.

Fonti

John Bowlby “Una base sicura”, Raffaello Cortina Editore

Anna Rita Verardo “Attaccamento traumatico. Il ritorno alla sicurezza. Il contributo dell’EMDR nei traumi dell’attaccamento in età evolutiva”, Giovanni Fioriti Editore